Asilo si o asilo no? Questo è il dilemma che si pongono molte mamme. Per quanto mi riguarda, io non ho mai avuto dubbi sul da farsi. Sono una forte sostenitrice del nido, questo perché sono convinta che faccia la differenza per un corretto sviluppo del bambino.
E così anche questi due anni sono passati, l’asilo nido è finito, Celeste è cresciuta, ha 3 anni e a settembre andrà, come dice lei, alla scuola dei grandi, ovvero alla materna.
Non vi nascondo che sono un po’ triste, perché questi due anni sono stati speciali, hanno visto crescere la mia bambina, facendole compiere tantissimi traguardi. L’autonomia nello svolgere tante azioni, dalle più banali, alle più complesse.
Lo sviluppo del linguaggio, il lessico acquisito, le regole della condivisione con gli altri, i rituali nel mangiare, il controllo degli sfinteri, e il conseguente abbandono del pannolino a due anni, tanti stimoli e insegnamenti, che hanno fatto di Celeste, la bambina che è adesso .
So benissimo, che in tutte queste cose che ho elencato, c’è la fondamentale componente familiare, indispensabile e centrale nello sviluppo psico-cognitivo del bambino. L’ asilo nido però, è una variabile molto importante nella crescita di un bambino per i tanti e i diversi stimoli offerti, che con tutto il bene e l’amore del mondo, genitori, nonni e tate, non possono eguagliare.
L’ultimo giorno di asilo, ho pianto e sono stata triste tutto il giorno. Mi dispiace molto salutare quell’ambiente meraviglioso e quelle educatrici così speciali che hanno piantato nella mia bambina tanti semini fecondi di buoni insegnamenti. Come ho già detto, un luogo speciale per me, che ha visto crescere me, mia sorella, mio nipote e adesso le mie bambine.
Ho già fatto un articolo sull’importanza del far frequentare ai nostri piccini l’asilo nido, e dei benefici che ne derivano. Come in ogni cosa, ci sono pareri concordi e diametralmente opposti.
Tra noi mamme ci sono le favorevoli, e devo dire che secondo il mio calcolo statistico, sono sempre più, e quelle contrarie. Come ben sapete io sono super favorevole, e consiglio l’asilo nido ad ogni mamma me lo chieda, però ci sono alcuni casi che posso assolutamente comprendere la decisione opposta.
Tra queste motivazioni ovviamente ci sono i motivi di salute, in quanto, purtroppo esistono anche situazioni molto difficili, nelle quali i bambini stanno fisicamente male o sono affetti da patologie fisiche e in quel caso, se non ci sono sussidi o ausili necessari, la questione non sussiste.
Poi ci sono quei casi in cui la famiglia, non si può permettere economicamente di sopperire a tale esborso economico, in quanto, ahimè l’asilo nido, ha un costo abbastanza alto.
Queste sono ragioni che capisco e comprendo assolutamente!
Io mi sento di consigliare vivamente l’esperienza dell’asilo nido, a patto che la struttura sia conosciuta e recensita positivamente, e che incontriate direttamente voi stesse le educatrici. Inoltre la cosa fondamentale, rimane captare e intercettare sempre il feedback del vostro bambino, quella è la cartina tornasole dell’ambiente che respira.
- Yoga prime Mamme
- Stretching Yoga
- Gruppi di parola
- Sportello psico-educativo
- Tocco massaggio e Baby massage
- Tempo per l’ascolto
- Danza Musica e Movimento
- Consulenza burocratica
La maternità è un’esperienza straordinaria, ma sempre meno, nella nostra società, è sostenuta da una collettività che aiuti le donne ad affrontarne serenamente la sfida. Lo Spazio Neomamme si propone esattamente lo scopo di offrire un rifugio alle donne che, spesso sole, si confrontano con questa meravigliosa e impegnativa fase della propria vita.Non c’è un protocollo, nell’essere mamma, non esiste uno standard a cui allinearsi, né un modo giusto o uno sbagliato di essere. Per incoraggiare ogni singola madre a cogliere questi aspetti di autonomia e bellezza in un mondo sempre più assoggettato a standard e performance, il personale dello Spazio offre una serie di attività collaterali, oltre naturalmente alla prima fondamentale offerta, che è quella appunto di un luogo di accoglienza.“Il centro nasce dalle nostre esperienze, tutte diverse, di essere donne e madri” spiega Elena De Sanctis, coordinatrice del Centro, “col desiderio di poter condividere un messaggio di libertà circa l’interpretazione dei molteplici aspetti della femminilità”.Il centro si radica nella storia della rete di scuole Liberi di Educare che, da sempre sensibile alle tematiche legate alla comunità educante, ha ideato il progetto e ottenuto i finanziamenti necessari a garantire la gratuità di tutti i servizi per i primi due anni. Il servizio rientra nel progetto “Bambini: dalla periferia al centro” finanziato dall’impresa sociale Con i bambini.Le attività Un calendario ricco propone alle mamme varie attività settimanali: dallo yoga ai laboratori creativi, dal baby massaggio alle attività di danza e musica, fino a più specifici momenti di dialogo di gruppo tra mamme e sportello con operatori specializzati, sia per il sostegno all’educazione che meramente per le pratiche burocratiche legate ai primi anni di vita dei piccoli. Oltre a queste iniziative regolarmente cadenzate, un calendario vario e ricco apre di sabato anche ai genitori che hanno bambini più grandi su tematiche divulgative e di più ampio respiro.
➡ La situazione attuale: quarantena ➡ Isolamento ➡ Diffidenza ➡ Evitamento ➡ Possibili vie d'uscita
La situazione attuale: quarantena
La situazione attuale mi porta ad una serie di riflessioni, cosa ci sta succedendo emotivamente? Quali sono e soprattutto quali saranno gli effetti a lungo termine di questa quarantena.
Siamo in una situazione straordinaria, una situazione pandemica, in cui la paura del contagio è alle stelle, poiché rappresenta un vero e proprio pericolo. L’isolamento forzato ha scaturito tutta una serie di dinamiche negative, tra le quali la diffidenza reciproca, che porta ad un conseguente evitamento.
La diffidenza quindi è giusta in questo momento, diffidenza indotta da un meccanismo di salvaguardia per noi stessi e per il prossimo. Purtroppo nei processi di salvaguardia naturale, fanno da padrone gli istinti primordiali, con una sottomissione della componente logico-razionale-deduttiva. Il distanziamento sociale in questo caso è giusto e sacrosanto, ma come tutte le cose non va sottovalutato, perché il rischio è che ci faccia cadere in quella che potrebbe diventare una fobia sociale.
Distanti oggi per essere vicini domani…ma quando? Questo è lo slogan, che continuano a passare. Si parla di fase 1, fase 2, ma ancora non sappiamo quando realmente potremmo tornare ad abbracciarsi.
Indipendentemente da tutto, la domanda che mi faccio è questa: “Ma un domani, cessato l’allarme, finito lo stato d’emergenza, avremmo veramente voglia di riabbracciarsi? Saremmo davvero spensierati, come prima, nello stare insieme, nell’avere contatti sociali, nell’avere contatti fisici? Oppure avremmo qualche remora, risultante da questa situazione di isolamento e diffidenza?
Ecco io sono un’ottimista di natura, ma credo che la risposta sia no! Non sarà così facile, né scontato, né semplice, mandare via questa diffidenza appresa per ragioni di vita o di morte. Del resto parliamo di un’emozione e per quanto la nostra razionalità sia strutturata, l’emozione è più forte… si può fare tanto, ma non tutto!
Sono 3 i concetti che in questo momento vorrei analizzare
ISOLAMENTO DIFFIDENZA EVITAMENTO
ISOLAMENTO
L’ Isolamento è attualmente una condizione necessaria, obbligata, straordinaria, preventiva, alla quale non siamo abituati. Una condizione che ci mette a dura prova, che pur escogitando e tirando fuori tutte le strategie di fronteggiamento, sicuramente qualcosa smuove dentro. Una convivenza forzata, con le mura domestiche, con i nostri cari, con la nostra solitudine. Qualcuno mi ha paragonato la nostra situazione a quella dei monaci tibetani, che in solitudine vivono di più e meglio, ma la loro è una scelta, la nostra no! E soprattutto non hanno limitazioni nel raggiungere nessun luogo, non rischiano il contagio, noi si. Come si può ben capire, il paragone è fuori luogo. Uno studio che ho trovato sul sito della Fondazione Veronesi, sugli effetti dell’isolamento forzato, dimostrerebbe che questa solitudine forzata, può scatenare comportamenti anomali come ansia e aggressività. Leggi l’articolo qui.
DIFFIDENZA
Questo isolamento da quarantena ci scatena molte emozioni, sentimenti anche contrasti. Ringraziando di avere la salute, tutto ciò in primis ci porta ad avere molta distanza sociale, (ci viene chiesto e giustamente imposto) ma tutto questo non pensate che non avrà ripercussioni a livello emotivo. Le emozioni in ballo sono molte, ma un concetto mi colpisce particolarmente, è la diffidenza. L’eccesso di diffidenza, a prescindere dalla causa, è sempre disfunzionale e negativo. La diffidenza ci porta a stare alla larga dalle situazioni, precludendosi molte opportunità di scambio e arricchimento. Inoltre la diffidenza rallenterebbe lo sviluppo psichico, allontanando occasioni e altre perone.
Un esempio concreto. Quando usciamo a fare la spesa, e siamo in fila per entrare, tutti, e dico tutti ci guardiamo, ci scrutiamo, stando attenti giustamente a mantenere la distanza di sicurezza. Ma è una sensazione più profonda, più intima, siamo diffidenti l’uno dall’altro. C’è una sorta di distanza emotiva l’uno dall’altro, è una sensazione crescente e sempre più radicata, come effetto collaterale di questa pandemia. La diffidenza è la mancanza di fiducia conseguente a timore o sospetto d’inganno. In questo caso direi la paura che il prossimo ci possa contagiare in primis, ma anche una sorta di mancanza di fiducia legata alla paura che l’altro non prenda le adeguate misure di sicurezza in grado di preservare la propria e soprattutto l’altrui salute.
L’eccesso di diffidenza implica sempre l’ansia da controllo.
EVITAMENTO
La diffiednza ci porta all’ evitamento. L’evitamento è uno dei meccanismi di difesa, più semplice e più immediato. Sappiamo benissimo cos’è, cosa rappresenta e cosa ci porta a fare, ovvero semplicemente ad evitare.
L’evitamento è alla base di diverse psicopatologie e del mantenimento di credenze disfunzionali (convinzioni errate sul rischio).
Pur essendo un’ottimista di natura, mi sento di affermare molto serenamente che sarà molto difficile tronare alla spensieratezza di prima nei rapporti sociali, nella relazione fisica con le altre persone.
Sarà complicato una volta finito tutto questo, tornare alla situazione iniziale, sicuramente ci saranno diversi postumi.
POSSIBILI SOLUZIONI
Bisognerà imparare pian piano a tornare ad una socialità, consapevole, cercando di accantonare la diffidenza che ha portato all’evitamento (giusto e sacrosanto) che ci ha permesso di mantenere e preservare la salute individuale e collettiva.
Qualche difficoltà iniziale sarà necessariamente all’ordine del giorno, saremo leggermente destabilizzati dal ritorno ad una socialità fatta di contatto fisico. Credo che si tratterà di un fare lento e costante che rispetti i tempi individuali.
Dovremo riabituarci a metterci in gioco, a partecipare, ad assumerci anche il rischio che sarà normale passarsi un banale raffreddore o un innocuo virus, come chi ha figli all’asilo già sa. Un passo alla volta e forse ritroveremo la spensieratezza la gioia e leggerezza, che adesso abbiamo inevitabilmente perso.
Qualche consiglio pratico potrebbe essere praticare del rilassamento, perticare yoga, mindfulness, pratiche di training autogeno. Prendersi del tempo libero per svagarsi e concentrarsi sulle sole attività, per quanto possibile, che ci piacciono e ci gratificano. Ci sono altre strategie utili, che possono essere efficaci a seconda delle diverse personalità.
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A settembre torna immancabilmente la scuola in ogni sua forma, dall’asilo all’università, passando da elementari, medie e licei. Per molti è un ricominciare, per altri è un vero e proprio inizio, fatto di domande, quesiti, dubbi e perplessità. Tutti genitori inevitabilmente o prima o poi attraversano questa fase. Procediamo con ordine, iniziamo dall’asilo.
Asilo nido (si o no)
Per me assolutamente si!
Entrambe le mie bambine, inizieranno una nuova avventura scolastica. La più grande andrà alla scuola materna, o come la chiama lei:“la scuola dei grandi” e la più piccola inizierà l’asilo nido. Come le mie fedeli lettrici sapranno già, io sono una forte sostenitrice dell’asilo nido, ne parlo in questo articolo, che scrissi tempo fa (Leggi qui). Il post destò a suo tempo molto interesse, specie nei gruppi di mamme su Facebook, poiché il tema “asilo si-asilo no” è da sempre molto dibattuto. Come in tutte le cose che riguardano i nostri piccoli, le opinioni sono tantissime e tra le più svariate, del resto ogni famiglia è uno specifico microcosmo costituito da diversi elementi, ovvero persone uniche con la loro particolare mentalità, perciò non tutti i metodi evidentemente possono andare per tutti.
In effetti posso capire le perplessità delle mamme a lasciare il proprio piccolo a persone estranee, sebbene educatrici qualificate. L’importante è informarsi e soprattutto andare a conoscere l’asilo e le maestre personalmente, fidandosi sempre del proprio istinto. Spesso la prima impressione è quella giusta! L’asilo dove andrà la mia piccolina lo conosco moto bene, è sempre lo stesso che ha accompagnato la mia famiglia da generazioni, adesso gestito da educatrici in gamba e bravissime che ho avuto modo di apprezzare con la mia prima bimba nei due anni passati.
A cosa dare priorità
Le priorità dipendono da che tipo di famiglia, e da che persone siete. Quali sono i fattori più importanti che valutate per la scelta della scuola? Rispondendo a questa domanda già capite quale sarà il percorso scolastico dei vostri bambini. L’ offerta formativa penso sia la prima priorità di tutti i genitori.
Personalmente per le mie bambine ho scelto due realtà di quartiere, conosciute e recensite positivamente entrambe. Fortunatamente vicine tra loro. La mia scelta di preferire realtà di quartiere deriva, in primis da un discorso di vivibilità cittadina, fatta di piccole ma preziose cose, come la frequentazione dei posti limitrofi, in secundis coltivare rapporti sociali in grado di durare anche extra scuola, ai giardinetti e in altri luoghi di incontro, vicino casa. Non in ultimo, la comodità di non prendere l’auto ma andare a piedi, in bici o con i mezzi, insegnando alle mie bambine il rispetto e la salvaguardia ambientale, con una prospettiva il più ecologica possibile.
Per la scuola materna ho optato per una scuola pubblica il cui metodo mi ha da subito entusiasmato, come l’insegnate che lo illustrava all’open day della scuola. Il metodo usato è quello di Idana Pescioli, lungimirante docente universitaria, che ha fatto della sua vita una ricerca attiva su un metodo educativo basato sul rispetto, sulla parità, sulla pace, sull’esplorazione ambientale, dando risalto all’arte, alle esperienze che il bambino è in grado di sviluppare e sulle conseguenti risposte emotive scaturite.
Anche in questo caso il mio consiglio è di informarsi per bene sulle strutture selezionate, ascoltare il parere delle mamme che hanno già esperienza in quella scuola e incontrare le maestre.
Scuola pubblica o privata?
In ogni modo, la prima differenziazione che dobbiamo fare quando ci approcciamo per la prima volta alla scuola è capire se optare per pubblica o privata. Io sono tendenzialmente per la scuola pubblica a patto che la scuola sia qualitativamente adeguata. Non raramente sento pareri di mamme di altre regioni, che affermano che l’unica alternativa per garantire un’adeguata istruzione nel loro contesto locale, siano le scuole private, che comunque rimangono sempre appannaggio di pochi, o almeno non per tutti. Questo è davvero triste, perché indice del mal funzionamento italiano e di chi sta al potere, che come sempre “predica bene e razzola male”. In campagna elettorale, la scuola è sempre uno tra i primi temi ad esser trattato, poi finite le elezioni, le cose rimangono quasi sempre inalterate se non con tagli e modifiche peggiorative. Una cosa che mi fece specie, quando andai l’anno scorso ad un open day di una scuola materna , fu apprendere che la regione ( o chi per lei, non ricordo bene!) aveva cancellato le ore dedicate alla lingua inglese, perché, secondo questi “geni”, di pertinenza delle scuole elementari. Risultato: cancellata l’ora di inglese ma incrementate le ore di religione, non ho parole! Ci rendiamo conto in che mani siamo?
L’insegnamento della lingua inglese, secondo me dovrebbe essere messa obbligatoriamente sin da subito, dal nido! Un’altra materia da ri-implementare, dovrebbe essere l’educazione civica, nella quale si insegna il rispetto verso se stessi, gli altri e soprattutto per l’ambiente nel quale viviamo, troppo spesso sfruttato, degradato e danneggiato. Ricordiamoci che i nostri bambini sono gli adulti del domani. Insegnare la consapevolezza, il rispetto e l’educazione è fondamentale per la vita.
La scuola pubblica
Le linee guida della scuola pubblica, sono una miscellanea di differenti teorie e dogmi pedagogici, calati e plasmati a seconda del contesto socio-territoriale del luogo.
Un’importante impronta formativa è stata data da John Dewey (1859-1952), filosofo e pedagogista americano che sottolineava l’importanza di osservare e agire in base ai diversi stadi dell’età evolutiva. Apprendimento graduale e calibrato sul singolo a seconda del proprio stato evolutivo. Per fortuna in questi ultimi anni, il concetto di “intelligenza” si è molto modificato e ampliato rispetto al passato, e in questo la scuola ne ha beneficiato. Ogni regione, ogni città, ogni realtà, ogni contesto così come ogni scuola è diversa l’una dall’altra, per questo la regola è informarsi bene, trovare recensioni e andare a conoscere il personale docente, mi ripeterò ma è fondamentale, del resto, “la scuola la fanno le maestre”.
La scuola privata
Sarebbe stupido avvallare l’antico stereotipo che la scuola privata sia appannaggio di persone altolocate che non vogliono mischiarsi alla folla, garantendo la promozione sicura del figlio magari svogliato e inconcludente. Non mi piacciono le etichette, cerco di andare oltre.
Non si può “fare di tutta l’erba un fascio”, ogni realtà deve essere constestualizzata in base a diversi fattori. La cultura scolastica della regione/città nella quale viviamo, la presenza e la varietà delle scuole pubbliche e l’offerta delle scuole private del luogo.
La comodità della scuola privata è che si può scegliere di personalizzare l’istruzione scolastica secondo il metodo educativo che più i genitori preferiscono. Ad esempio adesso vanno per la maggiore le scuole “Montessoriane” e “Steineriane”, e qua a Firenze ne possiamo trovare diverse.
Sicuramenteramente è più frequente che gli ambienti, intesi come aule e strumenti didattici siano più curati della scuola pubblica, questo statisticamente è così. L’offerta formativa è così variabile e diversa che davvero non è possibile generalizzare in alcun modo.
Reputo che sarebbe un errore demonizzare la scelta della scuola privata, anche perché viviamo fortunatamente in un paese libero che garantisce la possibilità di scelta. Ad ogni piede la propria scarpa! Io personalmente ho fatto sia scuole pubbliche sia private, e in ognuna ho trovato sia pregi sia difetti.
Privata o Paritaria?
Attenzione privata non vuol dire paritaria. La principale differenza è nel valore dei titoli rilasciati da queste due scuole. I titoli rilasciati dalle paritarie sono equivalenti a quelli delle scuole pubbliche. Nella scuola privata al contrario i titoli di studio rilasciati non posseggono valore legale. Per riconoscere il lavoro svolto nella scuola privata, va effettuato a fine percorso un esame di idoneità, valido anche per passare ad una scuola pubblica o paritaria. Questo per avvalorare legalmente il titolo della scuola privata.
Sinceramente ritengo sia possibile trovare di tutto di più, sia in ambito pubblico sia in ambito privato.
In entrambe queste realtà ci possono essere scuole eccellenti, qualificate e scuole trasandate, mediocri o addirittura pessime, basta INFORMARSI.
Per questo è importantissimo conoscere da vicino approfonditamente tutte le realtà.
Buon inizio!
Quando si parla di scuola, si aprono innumerevoli universi fatti di cose positive e cose negative. L’annosa questione delle supplenze, è vista da molti genitori come una catastrofe da scongiurare puntualmente.
Dal mio punto di vista non penso sia una cosa negativa, anzi in un certo senso, penso sia molto positivo variare e intervallare saltuariamente la figura dell’insegnante durante l’anno scolastico. Questa possibilità a mio avviso, dovrebbe esser vista come stimolo per i bambini, non solo per fare e svolgere materialmente cose diverse, ma per sperimentare relazioni differenti a seconda delle maestre che si trovano di fronte i ragazzi. I bambini infatti, imparano a calibrarsi in maniera diversa a seconda delle persone che hanno davanti, a seconda dell’autorevolezza che sperimentano di volta in volta. Per questo, la questione supplenze, la vedo come una possibile fonte di arricchimento, non una tremenda disgrazia da scongiurare più della peste.
Continuità didattica? Sicuramente penso che non sia importante la maestra in quanto tale, ma che questa importante figura, se pur variabile nel corso degli anni, garantisca certi requisiti standard, che a mio avviso sono alla base, per tutti quelli che vogliono chiamarsi insegnanti. La maestra (per le scuole materne ed elementari) deve essere amorevole, gentile, paziente, rispettosa, educata e perseverante.
Io sono una convinta sostenitrice dell’importanza di mandare i bambini dopo il primo anno all’asilo nido, perché gli ambiti d’apprendimento del bambino (cognitivo ed emotivo), sono stimolati in maniera maggiore, rispetto allo stare a casa con genitori, nonni e tate. (vedi articolo)
Ieri ho fatto la mia prima supplenza.
Vi chiederete, come mai, una giornalista televisiva, blogger, faccia anche la supplente.
La mia formazione universitaria in Psicologia, mi consente di poter insegnare in certi tipi di scuole, istituti comprensivi statali e comunali, mi piacciono molto i bambini e per questo ho dato la mia “messa a disposizione” per le supplenze, e così mi hanno chiamata per sostituire 3 giorni, un’ insegnante di una scuola materna dell’infanzia fiorentina.
L’esperienza è stata fantastica, mi è capitata una classe mista, ovvero con bambini che oscillano dai 3 ai 6 anni d’età.
Appena sono arrivata la bidella mi accoglie dicendomi che la classe “non era delle più facili”, anzi con la presenza di soggetti difficili…ed ho subito pensato: “Eccoci iniziamo bene”…
invece con mia grande soddisfazione le cose sono andate molto bene.
Non c’è niente di peggio del pregiudizio, odio gli stereotipi, perciò, ho provato a non farmi influenzare. All’inizio, appena sono entrata, un gruppetto di bambini, tra cui molte femmine mi ha accolta con un caloroso abbraccio, e subito questa cosa mi ha sciolta. Poi, senza tanti preamboli, mi hanno consegnato la classe, indicandomi gli elementi più turbolenti, che ben presto ho capito essere bambini come gli altri, che avevano solo bisogno di una fisicità maggiore, rispetto agli altri.
Ho subito cercato di entrare in farli divertire, proponendo attività nuove, e lodandoli ogni qual volta potevo, e così anche una classe “più difficile” può diventare una “classe modello”. Ovviamente queste cose non si realizzano in pochi giorni di lavoro, ma in un contatto continuo, fatto di pazienza, sacrificio e perseveranza, virtù che ogni maestra/insegnate dovrebbe avere.
Insegnare secondo me è una vocazione, una professione per la quale devi sentirtici portata, proprio come quella medica, perché in entrambi i casi sono mestieri nei quali devi avere a cura, forse più di te stesso, il prossimo, che siano pazienti o bambini. Per quanto ho visto, le cose non vanno sempre in tal senso, certe persone, dovrebbero fare un altro mestiere, perché non propriamente portate per questa professione. Il ruolo della maestra è fondamentale nell’educazione e nella formazione personale di un bambino, a volte anche solo l’etichettare una classe o un bambino, può fare più danni della grandine, perché gli equilibri sono molto delicati e i bambini sono spugne, assorbono tutto, oltre al fatto che sono molto sensibili e capiscono anche le sfumature, spesso molto più degli adulti.
Nel mio BLOG di – LIFESTYLE – mi occupo tra le altre cose di MOM & KIDS
[vc_row][vc_column][vc_video link=”https://youtu.be/f5mX8rHUKxA” align=”center”][vc_column_text]Essere mamma ti fa scoprire orizzonti sempre nuovi. Ti fa cimentare in cose che prima non sognavi neanche di fare. Come ad esempio la costruzione di giochi artigianali. È questo il caso dei lavoretti hand made, che all’asilo, nel periodo natalizio, fanno confezionare a noi mamme, per il regalo, che Babbo Natale consegnerà ai bimbi. Poveri piccini, ignari di essere i destinatari finali dei nostri esperimenti, a volte anche mal riusciti ?.
Anno scorso è stata la volta del Bruco. Dovevamo costruire questo animaletto, perché ispirati dalla canzone omonima, “Diamo la caccia al Bruco”, che è stata il leitmotiv, dello scorso anno.
Per fare il bruco è stato abbastanza semplice, è bastato munirsi di un lungo calzino di lana, senza tallone, e riempirlo con ovatta o imbottitura apposita, fare delle strozzature con del fil di ferro colorato, per delineare il corpo e ornarlo con occhi, bocca e naso, con gli appositi accessori, ed il gioco era fatto.Anche per chi non ha manualità, il bruco è una delle cose più semplici che si possano fare, basta avere il materiale e soprattutto l’utilissima colla a caldo.
Quest’anno le maestre hanno deciso di costruire gli animali della canzone “Walking in the Jungle”.
La cosa si è fatta un po’ più complessa. Sapendo che il tempo, a noi mamme, manca sempre e che la semplicità è la nostra miglior amica, ci hanno dato l’opportunità di scegliere la modalità di esecuzione di questi animaletti. Le possibilità erano principalmente due, una più complessa e l’altra più semplice.
Nella modalità più complessa, ma anche più carina, imbottiti con pannolenci, chiusi con cucitura o colla a caldo, nella modalità più semplice, disegni colorati da applicare sul cartoncino. Indovinate inizialmente io per quale avevo optato? Esatto per il cartoncino.
Poi però ho immaginato che la mia bambina, avrebbe gradito senz’altro di più quelli imbottiti, fatti a pupazzetti, tridimensionali, rispetto a quelli bidimensionali su cartoncino. Ho pensato che sicuramente vedendoli ai compagni avrebbe voluto i pupazzetti e non i semplici disegni. Allora mi sono armata di pazienza, calma e soprattutto di pannolenci, ovatta, ago e filo e mi sono cimentata in questa impresa. So che per molte di voi, questa è una cosa banale e facile, ma per me, che non ho facilità con certe doti artistiche, è stata una bella sfida.Per fortuna, Ambra e Federica, (loro si che sono ganze) mamme dei compagni della mia bambina, mi hanno prestato il materiale, che ovviamente io non avevo, e così ho iniziato anche io.
La prima cosa è stata ritagliare i cartamodelli degli animali, in special modo, la scimmia, la tigre, il tucano e la rana. Sono questi i protagonisti della canzone.
Una volta ritagliati, si sceglieva il colore del pannolenci e su questo si tracciava con un pennarello la forma del cartamodello per poi ritagliarlo. Poi si procede con il ritagliare le alte forme che daranno la caratteristica forma dell’animale, come occhi, bocca, etc…
A questo punto ci sono due modi, uno più semplice e immediato, l’altro più lungo. Colla a caldo o cucito.
Una volta deciso il metodo di chiusura si procede con inserire l’imbottitura, nel caso della cucitura, come ho fatto io, Ambra, la mia amica tuttofare, mi ha consigliato di cucire metà animaletto, imbottirlo ben bene e poi chiudere la restante parte.
Questo è il risultato. Non siate troppo severe, d’altronde era la prima volta per me, e sul versante cucito, se guardate, ho fatto qualche pasticcio.
Nel video, spiego tutto il procedimento.
Buon lavoro a tutti!!
Un kit di benvenuto per tutti i nuovi nati, insolita e gradita sorpresa che il comune di Firenze ha riservato a tutte noi, mamme dei bimbi nati nel 2018. Un’ iniziativa istituita a Firenze nel febbraio 2018, ma già presente in altre città italiane. Un piccolo gesto simbolico, ma senz’altro gradito, utile e molto apprezzato dalle famiglie fiorentine che si sono viste recapitare a casa la lettera dal sindaco Dario Nardella, in cui c’era scritto:
«Un gesto piccolo ma molto significativo, con cui Firenze vuole esprimere appoggio e vicinanza alle neomamme. Sono consapevole che non sia la soluzione per la diminuzione delle nascite in Italia. E’ comunque un piccolo gesto che vogliamo fare nei confronti dei nostri piccoli. Firenze, deve e vuole stare vicina alle mamme, in un momento splendido ma difficile della loro vita ».
«Con il kit – continua Nardella – vogliamo far sentire le mamme parte della comunità e forti della nostra vicinanza. Firenze è una città longeva, ma con un bassissimo tasso di natalità. Faremo il possibile, a partire da iniziative come questa, per far sentire le donne che decidano di avviare un’ esperienza straordinaria come la maternità, protette e meno sole».
Pannolini, crema alla calendula, salviettine emollienti, tisana per l’allattamento e l’utilissimo opuscolo “Nascere a Firenze” nel quale vi sono tutte le principali informazioni necessarie su diverse tematiche. Una trentina di pagine ricche di nozioni, una vera e propria guida che tratta di vaccinazioni, congedi parentali, misure di sostegno alla famiglia e tanto altro ancora, dai primissimi giorni di vita fino alla scelta dell’asilo nido. Il kit è disponibile presso le 21 farmacie comunali, nel retro della lettera l’elenco degli esercizi commerciali, dove si possono ritirare questi “gift-box”.
Quest’estate quanti libri avete letto? Personalmente adoro leggere, specie quando mi trovo in vacanza, al mare sotto l’ombrellone in relax, ma quando si hanno figli, e credo che ogni mamma può darmi ragione, è difficile ritagliarsi momenti del genere, da dedicare alla lettura. Vacanza e relax, quasi sempre non vanno di pari passo, perciò leggere a questo punto diventa un lusso, attimi preziosi da dedicare a letture interessanti e meritevoli.
I libri letti questa estate che mi sono piaciuti e che consiglio vivamente, sono questi tre:
“Moran”, romanzo appassionante, di Matilde Calamai.
“Il Cammino dell’Arco” insegnamenti e saggezza di Paulo Coelho.
“Il Monastero dei delitti”, thriller avvincente, di Claudio Aita.
Per non farmi mancare niente, ho spaziato su diversi generi, dal romanzo esotico, al giallo/thriller, al libro ricco di valori e perle di saggezza.
– MORAN –
Matilde Calamai
Moran è un romanzo appassionante, che tratta diverse tematiche al suo interno, amore, amicizia, sesso, tradimenti, legami familiari e bracconaggio, sono questi alcuni temi toccati in questa narrazione avvincente. Il racconto è ambientato in Africa, e ha come protagonista un giovane artista fiorentino di nome Alex, alla ricerca del padre misteriosamente scomparso in circostanze sospette, proprio in quel continente così lontano e affascinante. Il romanzo si articola con le vicende del protagonista e del suo viaggio che ben presto diventa un percorso all’interno del suo io più profondo, capace di svelargli le parti più nascoste e intime di sé. In questo magico percorso, oltre a scoprire una natura esotica, meravigliosamente selvaggia, dotata di orizzonti incontaminati, incontra una realtà nuova, fatta di povertà, ingiustizie, fratellanza, amicizia e amore. L’ Africa e i suoi personaggi porteranno il protagonista lontano, molto lontano, le sue certezze cadranno, le convinzioni si sgretoleranno, le priorità cambieranno radicalmente, insomma la sua vita si sconvolgerà del tutto. Nel racconto si intuisce quanto l’Autrice ami questo continente e la natura che essa racchiude, con la sua flora e la sua fauna. Il racconto è ambientato in un asilo di elefanti, un luogo protetto dove gli animali trovano cure amorevoli e un posto dove crescere nell’attesa di essere in grado di badare a se stessi nella vasta natura incontaminata africana. Una terra affascinante che con i suoi forti contrasti trasformerà un giovane ragazzo borghese in un uomo coraggioso e protettivo, un combattente che lotta per il bene, un Moran, ovvero un guerriero Masai. Questo libro vuole affrontare la tematica del bracconaggio, purtroppo ancora oggi, realtà presente in Africa. Argomento crudo e spietato ma trattato magistralmente dal punto di vista animalista, che denuncia questo aberrante fenomeno, purtroppo ancora molto in voga.
– IL CAMMINO DELL’ARCO –
Paulo Coelho
Premetto che adoro questo scrittore, Coelho è uno dei miei autori preferiti. Le sue letture mi appassionano, il suo stile mi piace molto, in ogni suo racconto vi si racchiude una particolare morale. Il tema principale di questo libro che dispensa perle di saggezza è la metafora tra la vita e la disciplina del tiro con l’arco. Metaforicamente l’arco è la vita e da esso proviene la forza, la freccia è l’intenzione, il bersaglio infine è l’obiettivo ultimo. Il protagonista principale é Tetsuya, il miglior arciere del mondo, che si è ritirato a vivere modestamente in un villaggio, svolgendo il lavoro del falegname. Quando si presenta difronte a lui un arciere venuto da lontano per sfidarlo, lui raccoglie la sfida e lo sconfigge dimostrando che la sola tecnica non basta per avere successo nella vita. Da questa lezione di vita viene ispirato un giovane del villaggio che prega il protagonista di istruirlo e condurlo in questo percorso ricco di valori. Il maestro così lo istruirà su come rispondere efficacemente alle prove che la vita gli metterà difronte. Questa storia, è un valido breviario che insegna molto, è una lettura semplice e scorrevole, impreziosita dai disegni di Christoph Niemann illustratore e graphic designer tedesco.
– IL MONASTERO DEI DELITTI –
Claudio Aita
Il Monastero dei delitti è un thriller avvincente, una trama che si intreccia tra delitti efferati e misteriosi, apparentemente senza senso. L’eterna lotta tra bene e male è la tematica centrale di questo libro, ambientato a Firenze in due riprese, ai tempi d’oggi e nel medioevo ai tempi dell’Inquisizione. L’ autore intreccia la trama di due protagonisti principali legati l’un l’altro. Geremia, scrittore talentuoso ma disilluso con indole auto-distruttiva e Frate Lamberto, frate francescano, uomo giusto e religioso che lotta per il bene, ma con qualche macchia indelebile che oscura la sua nobile anima. L’ Autore mischia magistralmente realtà e fantasia, il sempre attuale e reale caso del “mostro di Firenze” con una storia ambientata nel medioevo ai tempi della terribile usanza dell’inquisizione, vera e propria barbarie. La narrazione degli eventi è incalzante, la suspance generata dalla lettura, stimola il lettore ad andare avanti fino alla fine, per riuscire a capire quale è il finale e scoprire il senso della storia. Da sfondo al racconto, la meravigliosa Firenze, culla del Rinascimento e di tante altre bellezze, città che racchiude al suo interno un universo parallelo fatto di malvagità e cospirazioni malefiche. Una realtà spaventosa che coinvolge personaggi in vista, che appartengono all’alta borghesia, personalità di spicco che controllano persino l’informazione e la politica.
Con questo libro ho rispolverato le mie nozioni di storia, e sono rabbrividita difronte a quello strumento atroce che era l’Inquisizione. Perciò ho approfondito l’argomento e vorrei che anche voi leggeste questo estrapolato di Wikipedia, che fa capire l’atrocità di questo delirio mistico.
Le “sette regole” una lista terribile che stabiliva chi doveva essere sottoposto a queste atroci torture:
1. Si tortura l’accusato che vacilla nelle risposte, affermando ora una cosa, ora il contrario, ma sempre negando i capi d’accusa più importanti. Si presume in questo caso che l’accusato nasconda la verità e che, pungolato dagli interrogatori, si contraddica. Se negasse una volta, poi confessasse e si pentisse, non sarebbe considerato un “vacillante” ma come “eretico penitente” e verrebbe condannato.
2. Sarà torturato il diffamato che abbia contro anche un solo testimone. Infatti la pubblica nomea più un testimone costituiscono insieme una mezza prova, cosa che non stupirà nessuno dal momento che una sola testimonianza vale già come un indizio. Si dirà testis unus, testis nullus? Ciò vale per la condanna, non per la presunzione. Una sola testimonianza a carico dunque basta. Tuttavia, ne convengo, la testimonianza di uno solo non avrebbe la stessa forza di un giudizio civile.
3. Il diffamato contro il quale si è riusciti ad accumulare uno o più indizi gravi deve essere torturato. La diffamazione più gli indizi bastano. Per i preti, basta la diffamazione (tuttavia si torturano solo i preti infami). In questo caso le condizioni sono sufficientemente numerose.
4. Sarà torturato colui contro il quale deporrà uno solo in materia di eresia e contro il quale si avranno inoltre indizi veementi o violenti.
5. Colui contro il quale peseranno più indizi veementi o violenti verrà torturato, anche se non si dispone di alcun testimone a carico.
6. A maggior ragione si torturerà colui il quale, simile al precedente, avrà in più contro di sé la deposizione di un testimone.
7. Colui contro il quale si ha solo diffamazione o un solo testimone o un solo indizio non verrà torturato: una di queste condizioni, da sola, non basta a giustificare la tortura.
Tratto da: Fra Nicolau Eymerich, Manuale dell’Inquisitore. Ed. Piemme. Casale Monferrato, 1998 (Wikipedia)